Come funziona il trattamento EMDR.

Come funziona il trattamento EMDR. | Rebecca Rossi Psicoterapeuta

Come funziona il trattamento EMDR.

Ormai molto conosciuto, il trattamento EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) viene ampiamente usato per guarire i traumi e le ferite del passato. È uno dei trattamenti d’elezione per chi vuole elaborare un trauma avvenuto in età adulta o superare i traumi emotivi dell’infanzia. Per un approfondimento su che cosa sia un trauma invito a leggere il mio articolo “Ad ogni trauma la sua reazione”. Per questa lettura, ci basta sapere che:

  • con “trauma” intendiamo sia gli eventi che mettono a rischio la vita o l’integrità fisica propria e/o di un proprio caro (gravi incidenti, calamità naturali, lutti, attacchi terroristici, abusi fisici e sessuali…) sia l’esposizione a ripetute esperienze soggettivamente disturbanti caratterizzate da una percezione di pericolo non particolarmente intesa (umiliazioni, relazioni disfunzionali con persone significative durante l’infanzia…);
  • non tutte le persone che vivono un’esperienza traumatica reagiscono allo stesso modo: è importantissimo il significato soggettivo attribuito al trauma per poterlo comprendere ed, eventualmente, curare;
  • in generale, ripetuti traumi relazionali hanno più probabilità di portare a disturbi nel versante della personalità, mentre quelli che mettono a contatto con la morte, conducono più spesso ad una sintomatologia correlata allo stress post traumatico.

Questa distinzione è importante per scegliere l’aiuto più adatto a sé: la letteratura scientifica sottolinea che l’intervento più efficace per il trauma relazionale è la psicoterapia, anche più della farmacologia, mentre per il PTSD risulta ad oggi molto efficace la terapia EMDR. Per approfondimenti rimando nuovamente all’articolo “Ad ogni trauma una sua reazione”.

 

Teoria ed evidenze scientifiche

L’EMDR è un metodo psicoterapeutico che facilita il trattamento di diverse psicopatologie e problemi legati sia ad eventi traumatici che ad esperienze emotivamente stressanti. Il nome Eye Movement Desensitization and Reprocessing letteralmente significa Desensibilizzazione e Rielaborazione tramite Movimenti Oculari.  Come mai? Perché utilizza movimenti oculari o altre stimolazioni bilaterali (ossia movimenti alternati destra-sinistra) durante alcune fasi del trattamento. Queste stimolazioni sono importanti in quanto sembra che aiutino il paziente a mantenere una focalizzazione doppia durante la rielaborazione della memoria traumatica, che facilita il distanziamento da essa. La doppia focalizzazione è un modo con cui ci si immerge nel ricordo senza venirne sommersi, mantenendo un piede nel passato ed uno nel presente. Sembrerebbe che essa sia raggiungibile anche attraverso altre tecniche: e, allora, la stimolazione bilaterale non sarebbe il cardine dell’intervento, ma un elemento facilitante, sostituibile con altre tecniche.

Sebbene molti studi sostengano che la stimolazione abbia ricadute a livello cerebrale, il meccanismo che determina i risultati dell’EMDR non è ancora stato scientificamente comprovato e verificato, in quanto è di difficile sistematizzazione. Questo è uno dei motivi per cui non c’è ancora chiarezza scientifica in merito al funzionamento cerebrale della stimolazione. Sono state avanzate diverse ipotesi in merito a ciò:

  • Alcuni studi sostengono che i movimenti oculari stimolano un processo simile al sonno della fase REM (Rapid Eye Movement, ossia Rapido Movimento Oculare tipico della fase onirica), favorendo la desensibilizzazione del trauma e l’integrazione di esso in memoria. I ricordi, secondo questa ipotesi, passano dal sistema limbico (sede delle emozioni) alla corteccia (parte del cervello più razionale), diventando meno disturbanti.
  • Altri, hanno evidenziato come queste stimolazioni bilaterali sollecitino la connessione tra i due emisferi cerebrali, destro e sinistro, aiutando a recuperare memorie episodiche e facilitando l’elaborazione dell’informazione.
  • C’è chi sostiene che la riduzione della vividezza dei ricordi traumatici può essere dovuta al fatto che, entrando in campo la memoria di lavoro tramite la stimolazione oculare, essi siano meno vividi in quanto il cervello è impegnato contemporaneamente in un altro compito.
  • Per altri ancora, le stimolazioni bilaterali agiscono sulle comunicazioni sinaptiche tra talamo ed amigdala, interferendo con l’informazione negativa congelata nelle reti neurali, favorendo la formazione di nuove reti, più funzionali, che inibiscono l’attività dell’amigdala (strettamente connessa alla paura).

Qualsiasi teoria si rivelerà la più fondata, quello che è certo è che il trattamento EMDR allevia i sintomi ed aiuta a superare episodi traumatici. La base teorica di esso è il modello AIP (Adaptive Information Processing, cioè Elaborazione Adattiva delle Informazioni) secondo il quale un evento traumatico provoca disagio anche a distanza di tempo qualora venga immagazzinato in memoria in maniera disfunzionale[1]. Vale a dire che le emozioni, percezioni, cognizioni e sensazioni fisiche disturbanti che lo hanno caratterizzato sono rimaste disfunzionalmente fisse all’interno delle reti neurali, incapaci di mettersi in connessione con le altre reti. Le informazioni non elaborate provocano sofferenza, disagio e sintomatologia di vario tipo nel soggetto ed è qui che agisce l’EMDR, ripristinando il naturale processo di elaborazione di queste informazioni, per raggiungere una risoluzione adattiva, creando nuove e più funzionali connessioni.

[1] Ricordo che non tutti gli eventi traumatici lasciano strascichi e sintomatologia: ogni traumatizzazione è soggettiva.

 

A cosa serve il protocollo EMDR?

L’ipotesi dalla quale si è partiti nel formulare il protocollo EMDR, infatti, è che la stimolazione bilaterale riattiva il meccanismo innato di elaborazione mnestica (della memoria) proprio degli esseri umani: scopo del trattamento non è rendere conscio l’inconscio, come nella tradizione arcaica psicoanalitica, bensì supportare il normale processo di elaborazione cerebrale degli eventi vissuti, favorendo l’integrazione delle componenti emotiva, cognitiva, fisica, sensoriale frammentate al momento dell’assimilazione, cioè rendere funzionale ciò che era disfunzionale, rendere accessibili contenuti precedentemente intoccabili, percepibili solo attraverso incomprensione e sofferenza.

Attraverso il protocollo EMDR, il terapeuta considera tutti gli aspetti dell’esperienza traumatica del paziente (cognitivi, emotivi, comportamentali e neurofisiologici) per desensibilizzarli e rielaborarli. Questo processo consente di integrare l’esperienza in maniera positiva, rendendo funzionale ciò che prima era disfunzionale e che quindi causava sofferenza e sintomatologia così come di discriminare il passato dal presente. Molta sintomatologia ansiosa, infatti, è legata alla percezione di pericolo laddove non esiste: questo avviene perché una situazione o un evento (il cosiddetto trigger) stimola connessioni inconsapevoli in noi, che ci rimandano ad esperienze passate, riattivando tutta l’emotività soverchiante che con la terapia viene identificata e rielaborata. Quasi sempre, i pazienti riferiscono che il ricordo, prima traumatico, viene visto come “più lontano, distante” e quindi non più disturbante a livello emotivo.

 

In cosa consiste la terapia EMDR?

Il metodo prevede otto fasi, la cui lunghezza dipende da anamnesi e diagnosi del paziente. Molti pazienti richiedono l’EMDR soprattutto cercando un trattamento rapido oltre che efficace. Tuttavia, questa metodologia non è necessariamente immediata, sebbene possa garantire risultati più rapidamente di altre forme di psicoterapia: può essere un percorso lungo e alcuni pazienti necessitano di una preparazione precedente prima di poterlo percorrere.

È una tecnica cui possono accedere solo psicoterapeuti esperti, specializzati in trauma psicologico in quanto necessita di competenze cliniche che vanno ben oltre l’approccio in sé, quali la capacità di inquadrare il quadro a livello diagnostico, di stabilire una corretta alleanza terapeutica, di introdurre la tecnica al momento giusto, di consigliare un intervento farmacologico in concomitanza…

Il lavoro di integrazione dell’esperienza traumatica, infatti, non può essere messo in atto se prima non è stato preceduto da un lavoro di psicoeducazione in merito alla regolazione emotiva connessa alla sintomatologia traumatica e se non è stata costruita una buona alleanza terapeutica tra paziente e terapeuta.

 

Qual è lo scopo dell’EMDR

Lo scopo dell’EMDR è di “sbloccare” un processo interno di autoguarigione: il ruolo principale lo ha il paziente (o, meglio, il suo cervello) il terapeuta funge da guida, da facilitatore e testimone. Con l’EMDR si cerca di attuare un processo che è obiettivo di ogni tipo di psicoterapia: ripristinare e favorire un funzionamento mentale ottimale che non dia luogo a risposte disadattive, aiutare il paziente a superare la frammentazione cui è andato incontro in seguito ad uno o più eventi traumatici nella sua esperienza. Questo spiega il motivo per cui è molto raro che l’intervento termini rielaborando un solo evento: la rielaborazione, spesso, porta a galla altri episodi connessi alla rete mnestica, tutti da rielaborare per poter ripristinare un funzionamento ottimale.

Inoltre, non sono solo gli eventi passati da dover essere passati al vaglio e rielaborati, ma è necessario intervenire anche sul presente e sul futuro: rielaborare i cosiddetti triggers ossia quelle situazioni precipitanti che risvegliano disagio nel paziente, e lavorare su ipotetici scenari futuri. Le fasi che sto per descrivere, quindi, andranno ripetute dalla 3 alla 8 anche per situazioni presenti e future.

Lo schema sottostante riassume a grandi linee le fasi della terapia con EMDR:

FASEDURATA*OBIETTIVOPROCEDIMENTO
11 - 4
incontri
Raccogliere la storia del paziente ed elaborare il piano di trattamento.Si raccolgono tutte le informazioni necessarie ad inquadrare la storia del paziente e del disturbo che lo porta in terapia, in modo da effettuare un adeguato piano di trattamento;

si concordano i target da elaborare, ovvero quegli eventi di vita maggiormente associati al disturbo.
21 - 4
sedute
Preparare il paziente all’EMDR e creare una buona alleanza terapeutica.Viene effettuata psicoeducazione in merito al disturbo;

spiegata la tecnica EMDR con un focus su cosa ci si può aspettare durante e dopo il trattamento;

insegnate tecniche di rilassamento;

presentata la modalità di stimolazione bilaterale.
33 - 5
sedute
Valutare i target da rielaborare, le emozioni e le sensazioni corporee connesse ed il grado di disturbo.Si identificano gli aspetti del target (deciso in fase 1) da processare, selezionando un’immagine o una scena che meglio lo rappresenta;

il paziente sceglie un’affermazione che esprime una convinzione negativa su di sé e che associa a quell’evento (es. “sono impotente”, “non ho valore” “sono inadeguato/a” …);

sceglie poi un’affermazione positiva alternativa che dovrebbe riflettere ciò che è appropriato nel presente (es. “posso avere il controllo”, “io valgo”, “sono adeguato/a” …);

si stima quanto il paziente sente vera la sua convinzione positiva, usando una specifica scala di “Validità della Cognizione” (VOC) che va da 1 a 7;

si identificano le emozioni negative (paura, rabbia...) e le sensazioni fisiche (nausea, mal di stomaco...) associate al target;

si assegna un punteggio alla sensazione di disturbo utilizzando una scala di “Unità Soggettive del Disturbo” (SUD) che va da 0 a 10.
41 - x seduteDesensibilizzare il ricordo target.Partendo dall’immagine fissata in fase 3, il terapeuta guida il paziente con la stimolazione bilaterale a rielaborare tutte le risposte che emergono (ricordi, emozioni, sensazioni fisiche, associazioni…) finché le unità del disturbo soggettivo (SUD) si riducono a zero (assenza di disturbo).
5Nell’arco di una sedutaInstallare la cognizione positiva e rimpiazzare quella negativa.Si valuta con la scala VOC quanto il paziente sente vera la cognizione positiva, con l’obiettivo di arrivare a 7 (completamente vera).
6Nell’arco di una sedutaAssicurarsi che non persista alcuna tensione nel corpo associata al target.Il terapeuta chiede al paziente se persiste qualche tensione residua nel suo corpo associata al target;

se così fosse, le sensazioni fisiche vengono considerate come ulteriori target e trattate come tali, fino al loro riprocessamento.

Una seduta di EMDR è considerata conclusa solo quando il paziente non sente più alcuna tensione corporea associata all’evento.
7Nell’arco di una sedutaChiudere l’elaborazione in maniera controllata.Il paziente viene messo al corrente su ciò che può aspettarsi tra una seduta e l’altra (il processo iniziato potrebbe continuare, nuovo materiale potrebbe emergere), su come usare un quaderno per la registrazione di queste esperienze, e quali tecniche potrebbe usare da sé per sentirsi più calmo e tranquillo.

Non sempre le sedute si concludono con una completa rielaborazione: in questi casi, il terapeuta chiuderà in modo da far recuperare al paziente un livello sufficiente di equilibrio e armonia (ad esempio con la tecnica di rilassamento adottata in fase 2).
8Nell’arco di una sedutaRivalutare il buon esito del trattamento nel corso del tempo.All’inizio di ogni seduta successiva ad un trattamento EMDR il terapeuta verifica che i risultati positivi (scala SUD, scala VOC, tensione corporea) siano stati mantenuti.

Se così non fosse, identifica ciò che necessita trattamento e procede nel riprocessamento (dalla fase 4).

* Questa stima è indicativa, la durata può variare molto in base al quadro clinico del paziente.

 

A chi rivolgersi per effettuare un trattamento con EMDR?

In Italia, ci sono ormai molti professionisti abilitati all’uso dell’EMDR. Per essere sicuri di rivolgersi ad un terapeuta accreditato, consiglio di controllare nel database nazionale, accessibile a questo link: https://emdr.it/index.php/terapeuti/.

Se vuoi più informazioni in merito alla psicotraumatologia, puoi consultare questi siti:

Se stai cercando uno psicologo EMDR ad Andria puoi contattarmi per un primo appuntamento: valuteremo insieme come procedere. Ti lascio qui i miei contatti.