Come affrontare e sconfiggere la paura

Come affrontare e sconfiggere la paura. | Rebecca Rossi Psicoterapeuta

Come affrontare e sconfiggere la paura

Mi capita spesso di capovolgere le aspettative dei miei pazienti, rispondendo in maniera paradossale alle loro richieste, come ad esempio quella di liberarsi dalla paura. Infatti, l’obiettivo di una psicoterapia non può essere quello di neutralizzare la paura ma può e deve essere quello di imparare a gestire la paura: avere un po’ di paura è funzionale al benessere!

Che cos’è la paura?

Come tutte le emozioni, la paura esiste in quanto necessaria. Se non ci fosse non sapremmo distinguere i pericoli, trovandoci in situazioni molto spiacevoli e/o dannose. La paura serve per darci la possibilità di scappare da situazioni avverse, per proteggerci, ci avvisa del rischio. Ci insegna a vedere i contro delle cose, senza fermarci solo ai pro, donando alla nostra percezione 360 gradi di possibilità. È parte della capacità critica che ci permette di pianificare realisticamente il nostro agire nel mondo.

Abbiamo bisogno di una sufficiente paura per essere prudenti, per avere buon senso. È quando il livello di paura diventa incontrollato che è necessario intervenire, per evitare di rimanere bloccati. Questo vale per tutte le emozioni: non bisogna neutralizzarle ma bisogna imparare a capire che ruolo rivestono nella nostra vita, accoglierle, conoscerle e gestirle.

Come si fa a gestire la paura? 

Il primo passo necessario per imparare ad elaborare le nostre emozioni è notarle, seguirle nel loro percorso per poi lasciarle andare. Quello che invece spesso capita è che si cerca di bloccare le emozioni spiacevoli, quali la paura, con il risultato che esse tornano in modo prorompente e soverchiante: così si autoalimenta l’istinto di scappare da loro. Molto spesso, infatti, appena si prova un po’ di paura ci si sente impotenti ed impossibilitati a reagire, innescando un circolo vizioso: più ho paura più mi blocco, più mi blocco meno agisco, meno agisco più ho paura

È quindi necessario conoscere sé stessi ed i propri stati d’animo per imparare a gestire le proprie emozioni e quindi le paure: l’autoconsapevolezza è il primo passo per stabilire il proprio raggio d’azione, determinato dalle proprie caratteristiche, dai propri limiti e punti di forza. Alcune persone, infatti, cercano il rischio più di altre e provano piacere nel sentire quella adrenalina che in altre persone genera paura. Non tutti si lancerebbero col paracadute, per intenderci. E non è migliore o peggiore chi lo fa, solo diverso da chi non lo fa. Tutto qui. Se non ci si conosce ed accetta, però, si rischia di trovarsi in situazioni ingestibili.

Come funziona la paura? 

La regione cerebrale adibita alla risposta emotiva della paura è l’amigdala. Quando siamo davanti ad uno stimolo, esso viene valutato automaticamente come minaccioso o meno in base all’esperienza personale: ciò che fa paura ad uno può essere neutro o addirittura piacevole per qualcun altro (pensiamo agli sport estremi o agli animali domestici).

Dopo questa valutazione, che avviene in millesimi di secondo, se lo stimolo viene considerato pericoloso, si attiva una reazione chimica del sistema nervoso simpatico, allertando il cervello e determinando tutte quelle situazioni fisiche connesse alla paura che ben conosciamo: respiro accelerato, sudore freddo, aumento della frequenza cardiaca… Insomma, il cervello si prepara a reagire, e lo fa in quattro modi:

  • Fight: combatto, affronto la minaccia;
  • Flight: scappo dalla situazione;
  • Freeze: mi immobilizzo;
  • Faint: mi fingo morto.

Da queste reazioni è facile notare come esse siano retaggio antico, di quando i nostri avi dovevano sopravvivere in un mondo ben lontano dal nostro, nel quale la paura era funzionale proprio alla sopravvivenza, essendo gli stimoli minacciosi dei veri e propri predatori dai quali difendersi.
Il Faint, in particolare, è la risposta estrema ad una situazione particolarmente pericolosa e valutata senza via di fuga: fingersi morti è una risposta inconsapevole determinata dalla nozione che i predatori prediligono prede vive. Ai giorni nostri, questa reazione avviene soprattutto in risposta a traumi (se vuoi saperne di più, ne parlo qui: “Ad ogni trauma una sua reazione”).

E quando la paura è troppa? 

Quando la paura diventa totalizzante, sproporzionata ed incontrollata rispetto ad un determinato stimolo, si va incontro alla fobia (ne parlo qui: “fobie ossessive: cosa sono e come curarle”).

Si distingue alla paura proprio perché quest’ultima è la risposta fisiologica ad una minaccia, reale o percepita, che è imminente e dall’ansia che si manifesta come anticipazione di una minaccia futura, sempre reale o percepita (se vuoi saperne di più sull’ansia ti invito a leggere qui: “combattere ansia e stress con terapia personalizzata”).
La fobia persiste nel tempo in quanto viene alimentata dall’evitamento, ossia il comportamento che si attua per evitare lo stimolo che incute timore.

Una forma di evitamento molto nota e che apporta molto disagio è quella conseguente agli attacchi di panico, nella quale si crea “paura della paura” ossia una sorta di estremismo nel quale non si tollera nemmeno l’idea di poter provare i sintomi connessi al panico e alla paura, evitando quindi ogni situazione nella quale si sono manifestate, limitando enormemente la quotidianità della persona.

Ecco altre situazioni controproducenti nel gestire la paura. 

Oltre all’evitamento, altre strategie comuni per sconfiggere la paura, altrettanto nocive sono:

  • Provare a controllarla: come scrivevo prima, la paura è un’emozione ed è quindi impossibile controllarla essendo fisiologicamente determinata da regioni cerebrali molto antiche!
  • Cercare conforto negli altri potrebbe inizialmente aiutare ma, a lungo andare, determina un deterioramento del senso di autoefficacia personale, limitando ancora di più la libertà della persona e la conoscenza di sé e delle proprie risorse.
  • Condividerla: parlare fa benissimo (non per niente anche la terapia è basata sulla parola) e, spesso, parlare di qualcosa che ci fa paura può aiutare a “sgonfiarla”. Tuttavia, parlare non basta. È necessario che l’interlocutore sia in grado di comprendere le dinamiche sottostanti e condurre il discorso in maniera funzionale (vedi: terapeuta) così come che il dialogo sia accompagnato da un reale impegno per affrontare la paura.

 

È quindi possibile liberarsi dalla paura? 

Come ho scritto all’inizio, la paura non deve essere eliminata, ma deve essere percepita come naturale e gestibile, in modo da non doverla più temere. Che cosa davvero ti fa paura? Vanno bene anche le risposte che, a primo acchito sembrano irrazionali: c’è sempre una ragione sottostante, bisogna scovarla e la terapia aiuta a farlo. Se ti interessa iniziare un percorso per scoprirlo insieme ti lascio qui i miei contatti.