A star is born: quando la luce nasconde il buio interiore.

A star is born: quando la luce nasconde il buio interiore.

Capita a molti, forse a tutti, di cercare di mostrare il lato migliore di sé e avere paura di esprimere i lati più deboli. La fragilità, effettivamente, non ha una sola veste, è uno stato mutevole che viene mascherato in tanti modi diversi. Quando guardiamo altre persone, difficilmente ci mettiamo nei loro panni, ma, al contrario, dispensiamo giudizi sulla base di informazioni parziali, tralasciando una comprensione profonda della loro personalità e della parte di dolore che possono portare dento. 
Ciò riesce ancora più difficile quando il soggetto coinvolto è un personaggio che nella vita ha collezionato dei successi, proprio come accade nel film “A star is Born”.

Perché abbiamo paura di mostrarci fragili?

A star is born è il primo film diretto e interpretato da Bradley Cooper – nel personaggio di Jackson Maine – e da Lady Gaga nel ruolo di Ally Campana.

Le vite di Jackson, famoso cantautore ma con gravi problemi di dipendenze e di Ally, cameriera e cantante in un locale notturno di drag queen alla ricerca costante di conferme, ad un certo punto si mescolano. 

Al termine di un concerto Jackson si reca al locale dove Ally si sta esibendo. La sente cantare e fra i due scatta immediatamente un’intesa particolare. La musica accompagna i due protagonisti in tutto il film: l’ascesa alla popolarità di lei e il declino di lui. 

Jackson combatte ogni giorno con i demoni di un passato che non è stato benevolo e che zittisce con un utilizzo smisurato di alcol e droghe. Ally, inconsapevolmente, tradisce la sua identità e unicità di cantautrice, cedendo alle proposte del manager: fare quello che le viene consigliato la fa sentire accettata.

Ho preso come esempio questo film perché racconta con grande chiarezza il paradosso del successo: agli occhi di tutti un personaggio famoso è colui che vive una vita agiata, tra gli applausi e gli apprezzamenti del pubblico. La realtà non è solo questa: le forti pressioni, l’”ansia da prestazione”, il timore di non mostrarsi all’altezza e al massimo delle proprie capacità, possono causare forti tensioni che sfociano in stati di ansia spesso assopiti dall’uso di sostanze, alcol o farmaci. 

Sono numerosi gli artisti che se ne sono andati per non aver retto l’onda della notorietà, forse perché il detto “genio e sregolatezza” ha un fondo di verità, forse perché le loro sensibilità mal si combinavano con la forte pressione arrivata dall’esterno.

Possiamo essere sempre perfetti come gli altri ci vorrebbero? 

L’affermazione “è nata una stella” richiama alla mente un mondo esclusivo e ricco di privilegi ma è qui che il film mette a nudo quella “macchina del successo” solo apparentemente perfetta.

Essere un personaggio pubblico ha sicuramente tanti lati positivi ma come sappiamo ci sono sempre due facce della stessa medaglia. Le imperfezioni, gli errori, le fragilità non sono concesse in quanto lo stereotipo vorrebbe le star perfette in ogni contesto. Il principio di coerenza che usiamo molto spesso, ci farebbe pensare che se una persona eccelle in modo particolare in un aspetto della vita, dovrebbe brillare allo stesso modo anche nel resto. Questo obbliga le persone famose ad apparire sempre al massimo delle loro forze, al massimo del loro aspetto fisico, al massimo delle loro prestazioni nel lavoro e nelle relazioni: devono apparire impeccabili. Non dobbiamo dimenticarci che anch’essi sono esseri umani e che la continua tensione alla ricerca della perfezione può avere come risultante un’implosione e un deperimento emotivo, che come per il protagonista del film sfocia in depressione e in alcolismo.

E se cambiassimo il finale? 

Il film non è solo un successo strepitoso, candidato a numerosi Premi Oscar, non è solo il racconto di una viscerale storia d’amore e della loro musica, ma è anche la messa in scena di grandi fragilità emotive e degli errori dell’essere umano. Se potessimo fermare il film e trovare il modo per cambiarne il finale, la prima cosa che ci verrebbe naturale sarebbe aiutare i due protagonisti, ma come? Una parte sostanziale della cura in questo caso sarebbe la consapevolezza. Solo nel momento in cui si è consapevoli delle proprie debolezze nasce in noi la possibilità di esternarle, vederle per quello che sono ed iniziare ad affrontarle. Può sembrare una contraddizione, ma se riflettiamo sono proprio il senso di onnipotenza di Jackson e la mancanza di connessione tra l’immagine di sé e ciò che gli altri vorrebbero vedere, come per Ally, che portano le due persone a crollare. 

Solo con un percorso introspettivo possiamo capire il nostro mondo interiore, accettarlo e fortificarlo. Non dobbiamo mai dimenticarci che tutti possono avere delle fragilità con le quali hanno a che fare, per cui prima di dare un giudizio proviamo ad immaginare alla parte di buio che la persona che abbiamo davanti potrebbe avere. 

“Tell me something, boy

Aren’t you tired tryin’ to fill that void?”

“Dimmi qualcosa, ragazzo

Non sei stanco di provare a riempire quel vuoto? “

Note:

La pellicola è un remake del musical “È nata una stella”, diretto nel 1937 da William A. Wellman e si tratta del terzo rifacimento dopo il musical del 1954 ed il musical rock del 1976.

Il film è stato inserito dall’American Film Institute tra i dieci migliori film del 2018 ed ha ricevuto 8 candidature ai Premi Oscar 2019, incluse quelle per miglior film, miglior attore protagonista a Bradley Cooper e migliore attrice protagonista a Lady Gaga. Durante la cerimonia è stato vinto quello per la migliore canzone grazie a Shallow.