02 Nov Come aumentare l’autostima lavorativa
È innegabile che per molti di noi la realizzazione professionale sia una componente fondamentale della vita, non solo per l’aspetto economico. Passiamo gran parte della giornata sul posto di lavoro e intratteniamo, volente o nolente, una fetta rilevante delle nostre relazioni al suo interno (colleghi, superiori, clienti, fornitori). Lavoro e autoaffermazione sono quindi elementi in stretta connessione, tanto per i legami quanto per l’etichetta personale che da esso deriva: volenti o nolenti, il valore sociale attribuito al ruolo lavorativo condiziona buona parte dell’idea che ci facciamo di una persona.
Ne consegue che una buona autostima lavorativa (la capacità di valutare positivamente le proprie capacità ed il proprio operato) sia un ingrediente determinante per la qualità della nostra vita e benessere, sia sul posto di lavoro che fuori.
Cosa succede quando tutto ciò viene a mancare? E, soprattutto, cosa possiamo fare per alleviare quel peso che ci portiamo dentro quando non ci sentiamo realizzati sul lavoro o percepiamo un senso di incapacità nell’affrontare la situazione?
Da dove nasce la scarsa stima di sé?
Tutti noi cresciamo con dei racconti personali, nessuno è esente da quella narrazione interna attraverso la quale mettiamo in scena il nostro ruolo nel palcoscenico della vita. Educazione, contesto familiare, trame sociali, esperienze: sono questi i diversi “set” nei quali costruiamo la nostra identità, il modo in cui ci giudichiamo e impariamo a dare significato agli eventi.
Viene spontaneo porsi la domanda se la scarsa autostima (in contesto lavorativo, ma non solo) sia frutto di una reale situazione sfavorevole o nasca piuttosto da una lettura in negativo delle proprie capacità, pilotata da una “cattiva” considerazione di sé.
Migliorare l’autostima sul lavoro.
È possibile quindi migliorare la propria autostima sul lavoro? La risposta richiede un lavoro su di sé, è necessario fare chiarezza in merito alle cause che possono portare a sensazioni di malessere e di scarsa considerazione delle proprie capacità.
Vale la pena fare una prima distinzione tra due concetti chiave: l’autoefficacia e l’autostima.
– l’autoefficacia è la percezione delle abilità e delle competenze possedute, la sensazione di quanto si è in grado di affrontare un compito o una situazione.
– l’autostima è una valutazione del valore personale e ha basi quasi del tutto emotive: ciò che si pensa di sé stessi e delle proprie capacità.
Perché è così importante differenziare l’autostima dall’autoefficacia?
Perché si confonde spesso ciò che non sappiamo fare davvero, con ciò che pensiamo di non saper fare. Da un’analisi più accurata della situazione, ci rendiamo invece conto che la difficoltà nel raggiungere degli obiettivi o di vivere serenamente la propria situazione lavorativa può generarsi da una lunga serie di pensieri autolimitanti, che lasciano spazio a stress, ansia, irascibilità, scarsa motivazione o incapacità di far fronte alla situazione per sbloccarla.
Come possiamo quindi riallineare la nostra autostima con la nostra situazione lavorativa?
La capacità di fare spazio, di discernere le situazioni, di guardarle da una prospettiva nuova è una disciplina che va coltivata con cura e forza di volontà. Talvolta è uno sforzo che può essere compiuto in autonomia, altre volte può richiedere l’intervento esterno di un professionista capace di proiettare nuovi scenari e visioni alternative.
Ciò che va setacciato è il terreno sul quale si è abituati ad agire ogni giorno ponendosi delle domande che siano in grado di rompere lo schema abituale. Eccone alcune: se ho una visione così negativa di me è per qualcosa che ho dentro (e quindi sulla quale posso lavorare) o su qualcosa che viene da fuori? Se la causa è esterna, c’è un motivo per cui le do tanto peso? Posso lavorare su questo aspetto? Sto realmente facendo ciò che mi piace? Sto assecondando i miei desideri? Se potessi davvero fare ciò che voglio, cosa potrei diventare? Cosa mi impedisce di fare tutto ciò?
Il legame tra autostima e situazione lavorativa.
Potremmo decretare che l’autostima è il risultato delle definizioni in merito a sé stessi, un dizionario con il quale si traducono i sentimenti in azioni.
Alleniamoci quindi a riconoscere i nostri pensieri, evitando di giudicarci negativamente e, quando accade, chiedendoci da dove nascono tali giudizi. Potremmo scoprire che non hanno riscontro oggettivo ma sono il risultato di una interpretazione viziata da una lunga serie di meccanismi psicologici: profezie auto-avveranti (se mi convinco di non farcela, avrò buone possibilità di fallire); distorsioni e generalizzazioni che portano a paragonarsi alle vicende altrui, senza senso perché ogni situazione è estremamente articolata e complessa da non poter essere assimilata ad un’altra; giudizi esteriori o giudizi degli altri; obiettivi non allineati ai nostri reali desideri.
La realizzazione nel lavoro non può quindi viaggiare separata da una ricerca di miglioramento in ogni ambito della vita, alla quale dobbiamo progressivamente aprire le porte.
“Niente e nessuno può farti sentire inferiore, a meno che tu non glielo consenta.”
Eleanor Roosevelt.