Come superare la paura di ammalarsi

Come superare la paura di ammalarsi

Inizierò con una banalità: da marzo 2020 ad oggi, le nostre sicurezze sono vacillate sotto ogni aspetto e punto di vista. La  pandemia di Covid-19 ha fortemente inciso sulla paura di ammalarsi e sulla difficoltà di gestione emozionale connessa a tale paura, giustificata o meno che sia.

La situazione attuale non ha cancellato il timore di incorrere in altre patologie, anzi, è andata a sommarvisi e lo ha aumentato. Uno studio condotto dal Centro per i Disturbi d’Ansia e Panico di Humanitas San Pio X ha rilevato che il 90% delle persone intervistate ha paura di infettarsi, il 77% di infettare i propri cari, e il 65% di morire da Covid-19[1].

Tuttavia, la paura delle malattie non è da ripudiare in toto in quanto sana nella misura in cui aiuta a prendersi cura di sé stessi e prevenire determinate patologie. Dieta equilibrata, esercizio fisico, attenzione ai segnali del proprio corpo e della propria mente, visite di routine, applicare correttamente le misure di prevenzione del contagio da virus nel caso del Covid-19, sono abitudini da non abbandonare.

Al contrario, se la paura risulta un’emozione che limita la nostra vita e quotidianità diventa allora un campanello d’allarme: è particolarmente importate conoscerne i suoi aspetti normali e patologici per evitare che prendano il controllo della nostra mente e del nostro corpoSe immotivata ed eccessiva, infatti, l’ansia può sfociare in fobie e stati patologici, quali l’ipocondria: saper riconoscere se si tratta di un momento di paura e/o ansia coerente con il reale pericolo oppure no è importante per far fronte al problema e, eventualmente, chiedere aiuto ad uno specialista.


[1] https://www.humanitas-sanpiox.it/news/questionario-impatto-covid-italia/

Paura eccessiva e irrazionale di ammalarsi: come distinguere l’ansia dall’ipocondria

È possibile riconoscere da soli se la propria ansia è “giustificata” o meno? “Ni”, nel senso che, come per ogni patologia, può essere che sia ego sintonica ossia che i sintomi siano vissuti come una normale parte di sé. In ogni caso, per poter parlare di ipocondria sono necessari dei “requisiti” specifici. Ciò non vuole dire che chi percepisce una forte ansia e/o paura di ammalarsi non possa beneficiare di un percorso psicologico, anzi.

L’ipocondria è una condizione patologica per la quale un soggetto è convinto di avere o di stare per sviluppare una grave malattia. La base del disturbo è ansiosa e nasconde la paura di ammalarsi, soffrire e morire. Infatti, nel DSM 5 (Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali) è indicata come Ansia Connessa allo Stato di Salute ed è definita come “La preoccupazione legata alla paura oppure alla convinzione di avere una malattia grave basata sulla erronea interpretazione di sintomi somatici da parte del soggetto […] la preoccupazione persiste nonostante la valutazione e la rassicurazione medica appropriata […] la durata dell’alterazione è di almeno 6 mesi”.

La paura delle malattie in genere varia a seconda dei sintomi percepiti e/o delle notizie alle quali si è sottoposti (es. attualmente il bombardamento mediatico ed alle volte incoerente in merito al Covid-19 sicuramente non aiuta. Oppure se un caro amico mi informa di avere un tumore al cervello scoperto in seguito a dei forti mal di testa, potrei preoccuparmi di avere la stessa diagnosi al prossimo mal di testa). Nell’ipocondria, così come nell’ansia delle malattie, non esiste paura fissa, ma varia a seconda del momento; inoltre, i sintomi non provocano sofferenza di per sé in quanto ciò che crea il disagio maggiore è proprio paura di avere una malattia.

Per poter diagnosticare l’ipocondria sono necessarie queste condizioni:

  • Intense e durevoli preoccupazioni di avere una grave malattia o poterla sviluppare;
  • La sintomatologia non è rilevante per giustificare la diagnosi per la quale si è spaventati;
  • Presenza di forte ansia inerente a una o più malattie ed eccessive preoccupazioni riguardo lo stato di salute;
  • La paura dura da almeno 6 mesi;
  • La preoccupazione di avere o di poter sviluppare una malattia non è riconducibile ad altra condizione clinica;

La gestione del timore di avere una malattia viene intrapresa con comportamenti maladattivi.

Comportamenti dei soggetti ipocondriaci.

Esistono due tipologie prettamente tipiche di gestione del timore, ossia modalità con le quali si cerca di placare l’ansia. Da una parte, c’è chi ipercompensa il sintomo, sottoponendosi a continue visite specialistiche, chiedendo rassicurazioni, pensandoci costantemente e cercando attivamente soluzioni che, invece, non fanno che aumentare l’ansia. Dall’altra, c’è chi evita il sintomo, non effettuando nessuna visita, nemmeno quelle di routine, non parlandone mai, seppur pensando di avere una malattia letale.

Come mai l’ipocondriaco non riesce a far fronte al suo malessere?

Il vero problema: il senso di fragilità personale, viene spostato sul piano fisico, monitorato costantemente attraverso i segni di eventuali malattie e mai, invece, osservato da quello intrapsichico. In altre parole, chi soffre di ipocondria pensa che risolvendo una malattia fisica risolverà il suo problema che, però, ha origine psicologica, riconducibile ad un senso di vulnerabilità e/o debolezza, che si cerca di sconfiggere nella certezza di una sanità fisica perfetta, utopica.

Molti studi hanno cercato la causa dell’ipocondria, ma non ci sono dati certi: alcuni sostengono esista predisposizione genetica, altri che una grave malattia durante l’infanzia possa lasciare strascichi di questo tipo, chi si concentra maggiormente sui vantaggi secondari che può dare (es. le attenzioni che si “ottengono” nel ruolo di malato). Come sempre, non mi sbilancio, pensando che ogni storia merita di essere raccontata e compresa nella sua unicità per essere compresa al meglio.

Come combattere l’ansia da ipocondria.

Ricordo che l’ipocondria conclamata, come tutti i disturbi d’ansia dei quali fa parte, per essere trattata adeguatamente necessita di un intervento specialistico (psicoterapeutico e, alle volte, farmacologico). Lo stesso vale per l’ansia e la paura di avere malattie che, anche se no diagnosticabili come vera e propria ipocondria, possono produrre un malessere notevole.

La psicoterapia aiuta a recuperare il contatto diretto con il proprio corpo, comprendendo l’origine reale della paura e collocando l’ansia entro un confine gestibile e non più patologico.

Esistono degli accorgimenti che possono aiutare chi ne soffre ad affrontarla, utili anche per combattere la paura eccessiva e irrazionale di ammalarsi (consiglio sempre, però, di rivolgersi ad un professionista per evitare che la situazione si aggravi e, quindi, diventi poi più difficile da gestire).

Innanzitutto, è da sottolineare che alcuni atteggiamenti che paiono rassicuranti, alimentano invece queste paure. Consiglio di evitare:

  • un eccessivo controllo dei segnali del proprio corpo, che tende ad aumentare lo stato d’allerta e potrebbe inoltre portare a sviluppare disturbi psicosomatici;
  • di ricorrere ad automedicazioni farmacologiche,
  • di chiudersi in sé stessi, è sempre bene manifestare il proprio disagio: questo non significa parlare del problema con chiunque, in quanto la continua attenzione ad esso non fa che alimentarlo, ma cercare supporto;
  • di allontanare le situazioni che spaventano (ad esempio evitando controlli medici, cibi che si pensano nuociano la salute, l’attività fisica, persone malate…) in quanto l’evitamento è un ansiolitico illusorio e momentaneo;
  • di chiedere sempre rassicurazioni, che servono solo ad alleviare l’ansia per un brevissimo periodo, ma poi la paura tornerà sullo stesso sintomo (es. consultare vari medici perché non ci si fida del parere di uno) o si manifesterà in un altro sintomo.

Si può quindi guarire dall’ipocondria?

Non mi piace usare il termine “guarigione” in casi come questo, perché privilegio maggiormente il concetto di “gestione”. La paura e l’ansia, infatti, non devono essere interpretate necessariamente come mali da curare. Fanno parte del nostro corredo ed è corretto che dimorino dentro di noi. Diversa cosa è saper riconoscere le diverse sensazioni, trovando quell’equilibrio che le renda chiare, accettabili e gestibili.

Non si tratta quindi di diventare ciechi davanti alla probabilità di poter incorrere in una malattia ma piuttosto di imparare, anche con il supporto di uno specialista, a convivere più serenamente con il fatto che potrebbe accadere.