Il training cognitivo per contrastare la demenza senile

Training cognitivo per la demenza senile. | Rebecca Rossi Psicoterapeuta

Il training cognitivo per contrastare la demenza senile

Con l’aumentare dell’età media della popolazione, c’è anche un aumento della richiesta di visite per diagnosticare o aiutare a curare le patologie connesse all’invecchiamento, sia da un punto di vista fisico che psicologico. La demenza senile è una di queste, cominciamo col vedere come si presenta.

Diagnosi della demenza senile: sintomi e cause.

La demenza senile è una sindrome caratterizzata dalla progressiva perdita delle funzioni intellettive di base – quali memoria, linguaggio, ragionamento, orientamento spazio-temporale, attenzione, prassia (coordinazione motoria) – che va a pregiudicare l’autonomia del soggetto che ne soffre.

Non è facile effettuare una corretta diagnosi di demenza se non si è specialisti, in quanto può essere confusa con il rallentamento cognitivo proprio del processo di invecchiamento. A rendere l’inquadramento ancora più complesso è fatto che esistono vari tipi di demenza, quali la malattia di Alzheimer, la demenza conseguente al Parkinson, quella dei corpi di Lewy, la demenza fronto-temporale.

I campanelli di allarme tipici, che potrebbero far propendere verso una diagnosi di demenza senile, riguardano prettamente la memoria (non ricordarsi dove si è messo un dato oggetto, ripetere le stesse domande di frequente, dimenticare ciò che prima era di semplice richiamo…), l’umore (tendenza alla sospettosità, all’irritabilità, ansia, insonnia…), il cambiamento comportamentale (difficoltà a svolgere la normale routine quotidiana, isolamento, minor gioia nel condividere attività prima piacevoli, ripetitività…).

Se alcuni di questi sintomi sono presenti e si è incerti sul quadro clinico, è sempre bene effettuare una visita mirata e, in seguito ad essa, confrontarsi con uno specialista per avere tutto il supporto necessario. Infatti è sui familiari delle persone affette da demenza senile che ricade la loro gestione. I caregiver necessitano quindi di tutte le informazioni in merito allo stato attuale della malattia, alla sua evoluzione, alle modalità più adatte per interagire con la persona in questione.

Per poter fornire tutte queste informazioni, è fondamentale un’attenta diagnosi con l’obiettivo di inquadrare il tipo di demenza e di paziente.

 

Il training cognitivo e la stimolazione cognitiva per la demenza senile.

Inizio subito con una triste verità: ad oggi, non esiste una terapia in grado di guarire la demenza senile.

Esistono però alcuni metodi, sia di tipo farmacologico che cognitivo, per rallentare il declino e ridurre i sintomi comportamentali ad essa associati. Non entro nel merito dei primi dato che non è il mio campo e, per i secondi, faccio un brevissimo excursus rimandando al sito di Assomensana – società con la quale ho collaborato e che ritengo molto all’avanguardia nel campo – per eventuali approfondimenti.

La riabilitazione cognitiva si basa sul concetto di plasticità cerebrale, ossia la capacità del nostro cervello di adattarsi ai danni e rimodellarsi in modo da compensarli. Sebbene questa caratteristica sia molto più spiccata nei primi anni di vita e declini col tempo, dura tutta la vita. È quindi presente anche nei pazienti affetti da demenza.

Basandosi su questo, la ricerca scientifica ci mostra come il declino cognitivo può essere contrastato se la plasticità viene stimolata nei modi adeguati, andando a sollecitare le funzioni cerebrali residue.

Prima si interviene con questo tipo di training cognitivo meglio è perché, nei primi stadi della demenza, il paziente è ancora in grado di imparare alcune cose nuove, con il tempo invece questa capacità diminuisce sempre di più.

Altro accorgimento importante è effettuare un intervento personalizzato, che tenga conto degli interessi del paziente (siano essi poesia, cinema, sport…) in modo da coinvolgerlo attivamente in qualche cosa di piacevole. Questa stimolazione deve mirare all’apprendimento vero e proprio ossia al passaggio delle nozioni dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine. È un po’ come se il paziente dovesse tornare a scuola, scegliendo però cosa imparare, in base ai gusti.

 

Come gestire la demenza senile.

Il paziente con demenza non deve essere lasciato solo a sé stesso, come spesso purtroppo accade: necessita di cure e attenzioni adeguate.

L’apprendimento ed il training non devono infatti avvenire in solitudine. Deve esserci un compagno di studi, una persona (solitamente un parente o un/a badante) che si dedichi completamente al paziente, sia dal punto di vista cognitivo sia da quello affettivo, entrando in contatto a livello empatico ed emotivo, oltre che in quello intellettivo.

Il caregiver, però, è bene che riceva indicazioni precise su come muoversi: un’attivazione sbagliata potrebbe rivelarsi dannosa, scatenando disturbi comportamentali di difficile gestione.

Spero che questo articolo abbia risposto alle tue domande e ti abbia aiutato a capirne un po’ di più sulla demenza. In caso avessi altre domande o ti servisse un supporto contattami. Farò il possibile per offrirti le informazioni di cui hai bisogno.