Woody Allen e l’arte della sublimazione

Woody Allen e l’arte della sublimazione

“Soffro di iperattività immaginativa, la mia mente tende a saltellare un po’ di qua e un po’ di là e ho qualche guaio tra fantasia e realtà!”. Woody Allen

Quanti di noi si rispecchiano in una frase come questa? Probabilmente molti. Far combaciare i pensieri con le scelte che compiamo nella vita non è in effetti cosa semplice.

Allen ci dimostra come nel suo percorso artistico sia riuscito ad utilizzare un meccanismo che gli ha permesso di trarre vantaggio dalla sua “iper-attività” mentale. Fenomeno che in genere tende a provocare dubbio, malessere e difficoltà di comprensione di sé stessi.

Cos’è il meccanismo di sublimazione?

Quando parliamo di sublimazione in psicologia, intendiamo un processo mediante il quale liberiamo le pulsioni più istintive indirizzandole a qualcosa di diverso dal soggetto della pulsione stessa. Il noto regista, ad esempio, ha trasferito nel cinema desideri, appetiti e ossessioni facendone delle opere d’arte. Un modo questo che in primis gli permette di portare fuori da sé i pensieri che si rincorrono nella mente, in un’azione catartica e liberatoria. Oltre a ciò la trasformazione del pensiero in prodotto artistico gli consente di elevarlo e quindi nobilitarlo, rendendolo più tollerabile dal suo sistema di valori.

Se volessimo rileggere la sua storia attraverso la lente della psicologia della relazione, potremmo dire che proprio dalla comunità da cui proviene, Woody abbia ereditato sia le paure generate dal senso di controllo tipico di un’istituzione totale (la comunità ebraica di Brooklyn nel secondo dopo guerra), sia gli strumenti per alleviare le frustrazioni. Il lavoro di rilettura della sua fervida immaginazione in chiave ironica e paradossale, gli ha così permesso di dare forma a una serie di soggetti emblematici, paradossali ed iper-realistici. Tra il Dr. Ross innamorato di una pecora (Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso ma non avete mai osato chiedere, 1972) e le innumerevoli nevrosi di Boris Yellnickoff (Basta che funzioni 2009), nei suoi capolavori cinematografici si susseguono personaggi che in un modo o nell’altro rivelano una porzione del nostro essere e una parte più o meno rilevante dei pensieri generati dalle nostre menti.

Sublimazione, ironia e fatalismo.

Che Woody Allen sia riuscito a condurre una vitasoddisfacente, non lo posso dire con certezza. Siamo tuttavia in grado di misurare il successo e la levatura di questo personaggio, che è stato in grado di sfornare dei capolavori senza tempo, parlando con grande perspicacia dei problemi che affliggono le persone. Lui stesso afferma:

 “Ho le stesse paure che tutti avete: le malattie, la morte, il male sociale… ho un sacco di paure”.

Il coraggio di ammetterlo pubblicamente lo fa sentire più normale nel suo essere “singolare” e lo mette nella posizione di rivedere da una prospettiva diversa le sue nevrosi. L’ironia può essere uno strumento utile in tutto ciò, perché ci permette di trovare quell’attimo di gioia che ci dà la ragione per continuare a lavorare su noi stessi per ritrovare serenità. Il suo “trucco” da pensatore probabilmente sta proprio nel perseverare sull’introspezione. L’essere ateo e fatalista lo mette di fronte ad una scelta: se il libero arbitrio è funzionale ma non necessario ad una esistenza soddisfacente, allora non ci resta che rendere più dolce il nostro essere imperfetti sublimando e quindi trasformando in “altro” ciò che ci tormenta: arte, musica e qualsiasi passione che ci aiuti a guardare in faccia le nostre paure accettandole un po’ per volta. Alla fine, come dice Boris “basta che funzioni”.

Consigli per la quarantena.

Visto che in questo momento siamo costretti a rimanere tra le mura domestiche, possiamo sfruttare al meglio il nostro tempo con qualche bel film.

Qui di seguito vi riporto la lista dei miei preferiti di Woody Allen:

Manhattan (1975): capolavoro dalle fitte trame amorose: ottimo spunto per riflettere su divorzio, relazioni “miste”, quarantenni che si innamorano di adolescenti o della fidanzata dell’amico.


Io e Annie
 (1977) Un anno prima Alvy e Annie erano felici… poi tutto finì, forse a causa delle mille nevrosi di Alvy o forse per i difetti di Annie?

Harry a pezzi (1997) indagine sulle nevrosi umane rilette attraverso la figura dello scrittore Harry Block, caduto in depressione a causa del “blocco dello scrittore”.

Match Point (2005) – un giallo dalla trama costruita ad arte che racconta di relazioni clandestine, moralità e fortuna.

Prendi i soldi e scappa (1969) – spasso film sulla storia dell’inetto rapinatore Virgil.

Qui emerge l’ironia paradossale di Allen all’ennesima potenza.

Basta che funzioni (2009): altro bellissimo film che attraverso le vicende di Boris, uomo “troppo” intelligente per riuscire ad instaurare rapporti sociali, parla di relazioni, nevrosi e di come la fortuna possa entrare nella vita portando belle sorprese.

To Rome with Love (2012): commedia entusiasmante dove si susseguono quattro storie diverse, tutte ambientate nella magnifica cornice di Roma. Un cast d’eccezione con Roberto Benigni nei panni di Leopoldo Pisanello.

Nella foto Larry David e Evan Rachel Wood in una scena del film “Basta che funzioni”