Attacchi di panico: un po’ di chiarezza

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Attacchi di panico: un po’ di chiarezza

Ansia e attacchi di panico vanno spesso – se non sempre – di pari passo. La maggior parte delle persone che chiedono il mio aiuto per ansia, spesso racconta anche di avere avuto attacchi di panico che, in realtà, non sono altro che forti attacchi d’ansia.

Infatti, la maggior parte delle persone che sperimenta il “vero e proprio” attacco di panico, così come definito clinicamente, si reca al pronto soccorso avendo paura di stare per morire. Questo perché i sintomi dell’attacco di panico sono prevalentemente fisici (sudore freddo e sensazione di svenimento; fiato corto e palpitazioni; giramenti di testa, stordimento e tremore; mente offuscata; paura o sensazione di morire  così intensi da annebbiare la capacità di raziocinio.

Anche l’ansia può manifestarsi sotto forma di disagio fisico, il cui rimedio viene spesso cercato in figure professionali quali il medico di base (es. per l’insonnia) o il fisioterapista (es. per dolori e tensioni muscolari). In altri casi, anche gli psicofarmaci non hanno dato i risultati sperati, proprio a sottolineare quanto a volte questo disagio non possa essere curato tramite molecole chimiche. (Ciò non vuol dire che non esistono casi nei quali gli psicofarmaci non servano, bensì che è sempre meglio consultare uno specialista per capire la complessità della genesi dell’ansia e del panico e per comprendere che cosa è meglio per sé).

I sintomi più diffusi

– Malessere generale ed indefinito;
– Insonnia;
– Stanchezza cronica senza apparenti cause;
– Stress eccessivo e nervosismo;
– Pensieri costanti, che ostacolano la serenità e tranquillità mentale;
– Tensioni ai muscoli e al collo;
– Peso sullo stomaco o sul petto.

Da essi, possono poi nascere: difficoltà ad uscire di casa e ad affrontare cose che prima non creavano disturbo così come l’evitamento di certi luoghi, per paura che l’attacco accada di nuovo.

Gli stati emotivi e fisici di chi è soggiogato dall’ansia sono generalmente i seguenti:

Da cosa scaturisce un attacco di panico?

La maggior parte delle volte da un periodo molto stressante, quale può essere qualsiasi tipo di cambiamento, anche quelli positivi. Come per l’ansia, l’attacco di panico nasconde qualcos’altro. Non va quindi considerato come la causa del malessere di per sé, ma come un campanello d’allarme. Infatti, anche durante cambiamenti positivi quali un imminente trasferimento, una convivenza, un cambio di lavoro, possiamo sperimentare un attacco di panico o un forte attacco d’ansia. In concomitanza di tali eventi, però, è più difficile riferirsi ad essi come causa, dal momento che è contro intuitivo pensare che qualcosa di così desiderato, il cui verificarsi si attende con ansia (appunto) possa scatenare un disagio così grande.

Il mio approccio risolutivo agli attacchi di panico e ansia

Può invece capitare che il panico, così come l’ansia, derivi dal distaccarsi da chi si è e ciò che si vuole, da un contrasto – inconscio – tra la vita che si conduce e quella che si vorrebbe davvero condurre. Per questo motivo è sempre bene rivolgersi ad uno specialista quando si va incontro a tali sintomatologie, qualcuno che riesca ad immergersi nella storia del paziente, per trovare ciò che sta provocando il disagio e capire come affrontarlo. Ne deriva che non c’è un motivo uguale per tutti alla base degli attacchi di panico e, di conseguenza, non può nemmeno esistere un metodo univoco per curare qualsiasi persona che ne soffra. Esistono metodologie che possono aiutare ad affievolirne i sintomi, ma sono solo palliativi temporanei.

La tecnica che io ritengo più consono non si basa sul curare il problema seguendo schemi prestabiliti, ma sull’ascoltare la persona e capire che senso ha l’attacco di panico e/o l’ansia all’interno della sua storia di vita. Solo così si potranno non solo debellare i sintomi, ma creare i presupposti affinché non si manifestino più. Il mio lavoro non mira a far scomparire del tutto l’ansia, poiché essa è una sensazione fisiologica, propria dell’essere umano, che bisogna quindi imparare a riconoscere, tollerare e gestire, in modo da riuscire anche a sfruttarla positivamente. Sarà invece teso a trovare il modo con il quale il paziente riesca a realizzare la propria vita, i propri sogni, desideri e obiettivi, seguendo le proprie aspirazioni.