Come vincere la depressione ansiosa

Come vincere la depressione ansiosa

Qualche tempo fa ho scritto un articolo riguardo agli stati depressivi che non sono diagnosticabili come una vera e propria depressione nel senso clinico del termine, ma che comunque impattano negativamente sull’andamento quotidiano di chi ne soffre.

Oggi vorrei riprendere la tematica con un taglio diverso, concentrandomi cioè su quella che nel gergo comune è definita depressione ansiosa: sono molte le persone che riscontrano sintomi depressivi in concomitanza di sintomi ansiosi, e che chiedono aiuto per questo.

Cosa intendiamo con depressione ansiosa?

La sindrome ansioso depressiva non è inclusa nell’ultima versione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM V) sebbene la precedente edizione, ossia il DSM IV, racchiudesse tra le sue categorie il disturbo misto ansioso-depressivo, i cui sintomi erano un umore disforico (ossia caratterizzato da angoscia, inquietudine, malinconia, depressione) della durata maggiore di un mese, accompagnato da almeno quattro di questi sintomi:

  • bassa autostima
  •  disprezzo di sé
  • iper-vigilanza
  • alterazioni del sonno
  • difficoltà di concentrazione
  • irritabilità
  • preoccupazione eccessiva
  • mancanza di energia
  • pianto facile
  •  disperazione
  • pensieri negativi.

Il DSM V, invece, non prevede una diagnosi, ma permette di correlare ansia e depressione includendo la dicitura “con caratteristiche ansiose” alle diagnosi di depressione maggiore e disturbo depressivo persistente, i cui sintomi esporrò più avanti.

La correlazione tra ansia e depressione, ad oggi, non è chiarissima e varia da individuo ad individuo: in alcuni casi l’ansia può essere così intensa da portare alla depressione, in altri, la depressione può insorgere per prima, e i sintomi ansiosi solo successivamente.

Proviamo quindi a fare un po’ di chiarezza.

Quali sono i sintomi della depressione?

Per quanto riguarda la depressione, ritroviamo diverse sindromi all’interno del DSM V: è per questo che si è soliti parlare di disturbi depressivi, al plurale. Ci tengo a sottolineare che non tutte le modificazioni dell’umore sono da patologizzare, in quanto è normalissimo provare tristezza, sentirsi pessimisti o sconfortati: queste sono emozioni normali, parte della vita di tutti. Quando, però, si protraggono eccessivamente e/o non presentano un motivo apparente, è possibile essere in presenza di un quadro depressivo. Tale situazione influenza in modo molto significativo vari ambiti della vita di chi la sperimenta, quali il lavoro, le relazioni, il funzionamento sociale in generale. Le sindromi depressive che possono presentare (e spesso presentano) caratteristiche dello spettro ansioso sono, come menzionato, depressione maggiore e disturbo depressivo persistente. Vediamole brevemente.

Depressione maggiore (disturbo unipolare)

Per la diagnosi è necessario essere in presenza di cinque o più tra i seguenti sintomi, che devono essersi manifestati quasi ogni giorno nell’arco di due settimane (uno di essi deve obbligatoriamente essere umore depresso o perdita di interesse/piacere):

  • Umore depresso
  • Diminuzione di interesse/piacere per tutte o quasi tutte le attività che prima interessavano
  • Alterazioni del sonno
  • Alterazioni dell’appetito con aumento o perdita di peso significativa
  • Mancanza di energia
  • Difficoltà di concentrazione e/o indecisione
  • Presenza di autosvalutazione e/o colpa
  • Agitazione o rallentamento psicomotorio, riferito da altri
  • Pensieri di morte/suicidio o tentativi di suicidio

Disturbo depressivo persistente

È caratterizzato dalla persistenza di sintomi depressivi per due anni o più, senza una remissione. Il numero di sintomi (che possono insorgere in modo lieve già in adolescenza) può oscillare sopra o sotto la soglia per la diagnosi del disturbo depressivo maggiore. Le persone che ne sono affette, si descrivono solitamente come pessimiste, cupe, pigre, introverse, ipercritiche, passive, lamentose e sono più inclini a presentare un altro disturbo in comorbidità (ansioso, da uso di sostanza, di personalità). Per una corretta diagnosi, è necessaria la presenza di due o più dei seguenti sintomi:

  • Alterazioni del sonno
  • Alterazioni dell’appetito
  • Mancanza di energia
  • Sentimenti di disperazione
  • Bassa autostima
  • Difficoltà di concentrazione

Sia la depressione maggiore sia il disturbo depressivo persistente, come anticipato, possono includere la dicitura “con caratteristiche ansiose”, qualora il quadro clinico presenti ansia, che può manifestarsi sotto forma di inquietudine, difficoltà di concentrazione, preoccupazione eccessiva, paura di perdere il controllo.

I sintomi dell’ansia

La parola ansia descrive uno stato di stress, nervosismo e malessere che si considera adattivo se circoscritto nel tempo e riferibile ad un determinato evento (in quanto aiuta a prepararsi ad esso, richiamando concentrazione e prudenza, ad esempio per affrontare un compito particolarmente difficile). L’ansia diventa disadattiva se supera un certo livello di tolleranza, o se si presenta in circostanze neutre. Spesso, è accompagnata da una sintomatologia fisica di vario tipo, simile a quella associata alla paura: dolori allo stomaco, nodo alla gola, costrizione del petto… I sintomi ansiosi sono facilmente riscontrabili in svariati disturbi, sia fisici sia mentali, e sono i più frequenti negli studi di psicoterapia.

Esistono diverse tipologie di disturbo d’ansia all’interno del DSM V, che sono:

  • Disturbo d’ansia generalizzato
  • Disturbo di panico [link all’articolo sugli attacchi di panico o sulla pagina “problemi trattati”]
  • Disturbo d’ansia da separazione
  • Disturbo d’ansia indotto da sostanze
  • Disturbo d’ansia causato da altre condizioni mediche
  • Mutismo selettivo
  • Ipocondria
  • Fobie specifiche
  • Agorafobia

Per quanto riguarda la presente trattazione, prenderemo in considerazione solo il disturbo d’ansia generalizzato, che si caratterizza per la presenza di sintomi ansiosi (fisici e psichici) non legati a nessun’altra causa specifica. I sintomi principali sono:

  • Irrequietezza
  • Fatica cronica
  • Difficoltà nel sonno
  • Nervosismo ed irritabilità
  • Difficoltà di concentrazione
  • Tensione muscolare cronica (solitamente concentrata su collo, schiena, arti)
  • Nausea / diarrea / sindrome del colon irritabile
  • Sudorazione
  • Tremori
  • Senso di scarso valore
  • Paura indiscriminata / Senso costante di minaccia

È molto difficile che questo disturbo compaia da solo: è spesso correlato con la depressione, come abbiamo visto, ma anche con il disturbo da attacchi di panico e/o con altri disturbi della sfera ansiosa o dell’umore. Per effettuare la diagnosi è necessario che l’ansia e la preoccupazione non siano controllabili dal soggetto; siano presenti da almeno sei mesi nella maggioranza dei giorni; causino disagio clinicamente significativo in varie aree di funzionamento (es. lavoro, vita sociale, vita familiare…); siano associate ad almeno tre dei sintomi sopra descritti; non siano attribuibili ad altra condizione medica / all’uso di sostanze.

Non è necessario soddisfare i criteri richiesti per una diagnosi di questo tipo per chiedere aiuto. Anzi, è consigliabile effettuare un consulto psicologico non appena si riscontrano i primi sintomi ansiosi senza riuscire a spiegarsi perché o sapendo la causa ma vivendoli come eccessivi, in modo da fermarli sul nascere. Infatti, è normale sperimentare sintomatologia ansiosa dopo un evento traumatico: è bene però considerare se i sintomi che si manifestano siano sono ascrivibili allo stress e/o al trauma.

La risposta ansiosa può presentarsi all’improvviso (spesso percepita come attacco di panico), oppure nel corso di diversi giorni o mesi; l’intensità può variare da preoccupazioni appena percettibili fino a diventare paure ingestibili.

Cosa succede nel cervello con la depressione? Neurobiologia di depressione ed ansia.

Ansia e depressione sembrano essere collegate anche a livello cerebrale. Alcuni studi[1] evidenziano che nella patologia depressiva ed ansiosa (ma anche in altre patologie mentali) alcune aree cerebrali (ippocampo, amigdala, corteccia del cingolo) presentano volume ridotto rispetto al normale. Per quanto riguarda ansia e depressione, gli studi tendono a concentrarsi soprattutto sul volume dell’ippocampo in quanto è particolarmente ridotto in queste condizioni cliniche rispetto ad altre. La funzione principale dell’ippocampo riguarda la memoria: non è pertanto ancora chiara la correlazione con ansia e depressione, anche se si è abbastanza certi ci sia.

Inoltre, sono state rilevate alterazioni dei circuiti di serotonina, dopamina, noradrenalina sia in spettri ansiosi che depressivi. Serotonina, dopamina, noradrenalina sono neurotrasmettitori (sostanze che veicolano le informazioni tra i neuroni) coinvolti in vari sistemi di funzionamento.

In particolare:

  • la serotonina controlla impulsi, appetito, sessualità, aggressività e potrebbe quindi essere coinvolta nelle alterazioni dell’umore, del sonno, dell’alimentazione e della sfera sessuale presenti negli stati ansiosi e depressivi;
  • la dopamina è coinvolta nei processi di memoria e dei movimenti volontari, e potrebbe quindi essere connessa con la mancanza di interesse e la fatica presenti negli stati depressivi;
  • la noradrenalina è parte dei sistemi di attenzione, motivazione, memoria, apprendimento, vigilanza e potrebbe quindi essere una delle cause della diminuzione di energia, della soglia del piacere, la perdita di interesse, la mancanza di iniziativa degli stati ansiosi e depressivi.

Un’altra evidenza della connessione cerebrale dei circuiti di ansia e depressione riguarda la reazione ai farmaci ansiolitici e antidepressivi, anche se i dati a riguardo sono controversi. Infatti, il trattamento con farmaci antidepressivi sembra migliorare entrambi i disturbi, tuttavia trattare la depressione con antidepressivi porta talvolta all’insorgenza di sintomi ansiosi o al peggioramento di questi. Allo stesso modo le terapie ansiolitiche non migliorano i sintomi depressivi, possono anzi peggiorarli.

Come mai? Si ipotizza che essi siano accomunati da uno stesso fattore biologico, ma ancora non si è arrivati a definire il rapporto certo tra tali correlati. Potrebbe essere che le differenze derivino dalla componente ambientale, ossia la variabile che rende ogni biologia diversa da un’altra, la componente soggettiva dell’esperienza del singolo individuo. È l’annosa questione della correlazione causale tra geni e ambiente, tra mente e cervello: è il mio cervello che determina come sto o sono io che determino le modificazioni all’interno del mio cervello?


[1] Ne segnalo uno tra tanti: https://www.jpsychopathol.it/issues/2011/vol17-1/10abiggio.pdf

Come curare la depressione e l’ansia senza ricorrere ai farmaci.

Come precedentemente menzionato, l’ideale per la terapia di sintomi ansiosi e/o depressivi sarebbe intervenire in modo precoce non appena si manifestano. Questo capita molto raramente: più spesso la persona che ne soffre si reca da uno specialista anche dopo anni dall’esordio dei sintomi, aumentando difficoltà e tempistica della prognosi.

Non sempre è necessario ricorrere all’uso di psicofarmaci: una buona psicoterapia può essere efficace per la remissione dei sintomi ed è sempre consigliabile associare una psicoterapia alla terapia farmacologica.  A sua volta quest’ultima, quando richiesta, non è da demonizzare come spesso capita, anzi, è da vedere come ausilio della psicoterapia. Andando a indebolire i sintomi, la terapia farmacologica può aiutare la psicoterapia, rendendo più semplice lavorare sugli aspetti personali della situazione (es. quali possano essere state le cause dello stato ansioso e/o depressivo, come lo si vive, che significato personale si dà ad esso e all’assunzione del farmaco).

Qualora i sintomi siano persistenti, significativi e disadattivi il ricorso ai farmaci può aiutare enormemente la guarigione. Essendo la psicofarmacologia una branca della medicina molto delicata, per valutare il proprio stato è sempre consigliabile recarsi da uno specialista psichiatra piuttosto che da un medico generico. Tale specialista, essendo formato proprio in questo campo, saprà raccogliere tutte le informazioni in merito alla vita del soggetto (e non solo ai suoi sintomi) sia per capire se ricorrere a farmaci o meno, sia per valutare il farmaco più adeguato, qualora fosse necessario. Infatti, le forme di ansia e di depressione cambiano di significato in base alla persona che le sperimenta e, questa stessa persona, risponderà all’assunzione di uno psicofarmaco in un modo soggettivo: non tutti rispondono agli psicofarmaci allo stesso modo.

Sono convinta che sia eccessivamente semplicistico pensare che ci sia una soluzione valida per tutti: le variabili in campo sono troppe e la materia troppo delicata per ricorrere a soluzioni generiche e preconfezionate. Per questo è così importante ricorrere ad uno specialista ed evitare diagnosi e/o cure fai da te.