La coscienza. Diverse prospettive a confronto.

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La coscienza. Diverse prospettive a confronto.

Sabato 25 e domenica 26 gennaio 2020 si è tenuta a Roma la 5^ conferenza promossa dalle associazioni Italian Psychoanalytic Dialogues e International Neuropsychoanalysis Society. Il tema centrale è stata la coscienza, i suoi vari stati ed i significati che ruotano attorno ad essa.

Cos’è la coscienza? Quali sono il suo scopo e la sua origine? Significa consapevolezza, veglia, metacognizione, soggettività? È assimilabile ad un’esperienza o ad una manifestazione fenomenale? È sicuramente un qualcosa del quale ci accorgiamo quando è assente (durante il coma, per esempio) cui non badiamo quando invece è presente, dandola per scontata. È un meccanismo attivo, che ci rende accessibili i suoi contenuti, creando il nostro sé ed una sorta di mappa affettiva del nostro mondo soggettivo.

L’argomento è stato affrontato da diversi punti di vista: filosofico, neuroscientifico, psicoanalitico, affettivo e cognitivo. Il dialogo interdisciplinare delle due giornate è stato di stampo internazionale, essendosi susseguiti relatori da varie parti del mondo, massimi esperti nei rispettivi campi.

Dal punto di vista psicoanalitico, il viraggio di interesse dall’inconscio al conscio è relativamente recente. Infatti, il tema dell’inconscio è stato ampiamente discusso nel secolo scorso, mentre la parte cosciente dello psichismo, ossia ciò che il paziente porta apertamente in ogni seduta, le basi degli scambi affettivi, emotivi, gestuali all’interno della relazione terapeutica, sono da poco oggetto di studio e discussione. Tale materiale cosciente è intessuto nella dimensione inconscia – in ciò che è procedurale, automatico, onirico e somatico.

Sono vari gli spunti di riflessione che queste giornate mi hanno sollecitato, che si sedimenteranno col tempo e senza la mia consapevolezza, per rimanere in tema. Penso, infatti, che molti dei drivers che guidano il mio lavoro siano inconsapevoli, frutti di diversi percorsi formativi così come di esperienze personali, che continuano ad arricchirmi negli anni. Ne riassumo solo una in quanto, purtroppo, la maggior parte dei relatori si è concentrata sui circuiti cerebrali degli stati di coscienza che, seppur molto interessanti, risultano poco applicabili alla pratica clinica.

Daniel Dennet, filosofo, direttore del centro per gli studi cognitivi della Tufts University (Massachusetts, USA) ha invitato gli uditori a riflettere sull’importanza data al libero arbitrio. Perchè tutti vogliono credere nell’assoluto libero arbitrio? Cosa ci spaventa nel credere che non siamo completamente liberi rispetto alle nostre decisioni? Si è ricollegato, così, all’intervento di George Northoff, filosofo, neuroscienziato, psichiatra, che ha evidenziato come, attraverso valutazioni sperimentali, è possibile prevedere le decisioni interne dei partecipanti, mentre quelle dettate dall’esterno no. Questo significa che il nostro cervello sa prima di noi che scelta andremo a fare: a molte persone questo provoca paura. Io penso, invece, che sia molto affascinante e coerente. Lavorando tutti i giorni con la dimensione inconscia delle persone, non mi sorprende che questa inconsapevolezza trovi riscontro in determinate zone del nostro cervello. 

E, quindi, tornando a Dennet: il pieno libero arbitrio esista davvero o è una mera illusione? Mi ha colpito molto la sua immagine dell’uomo come burattino e burattinaio di sé stesso, e, soprattutto, l’immagine con la quale ha concluso il suo intervento: “Free will is real as long as you protect and learn to love your strings”. Ossia: il libero arbitrio è reale qualora proteggiamo ed impariamo ad amare i nostri fili. La psicoterapia mira proprio a questo.