Come capire di essere vittima di un narcisista: ecco perché ti stai ponendo la domanda sbagliata.

Come capire di essere vittima di un narcisista | Rebecca Rossi Psicoterapeuta

Come capire di essere vittima di un narcisista: ecco perché ti stai ponendo la domanda sbagliata.

Ormai troppe volte ho sentito dire “sono vittima di un narcisista” ho letto articoli su come “riconoscere se sei vittima di un narcisista” per poter far finta di niente. Il vero problema è che non è questo il problema. Non bisogna guardare l’altro per poter stare meglio ma guardare sé stesse (per semplificare scrittura e lettura, mi rivolgerò al femminile, in quanto più spesso sono le donne a sentirsi “vittime” di uomini “narcisisti”. Ciò non vuol dire che non possa esistere anche il contrario, anzi!). La domanda da farsi non è “come capire di essere vittima di un narcisista” ma “come mai continuo a stare con questa persona che mi fa stare male” tralasciando l’etichetta. Cercare su Google “come si sente la vittima di un narcisista” o più genericamente “narcisismo” o ancora “abuso narcisistico” così come “identikit di un narcisista” è una perdita di tempo, non dà l’informazione esatta sulla quale riflettere, ossia come mai continui a dannarti per una persona che ti fa stare bene una volta e ti fa soffrire altre dieci.

Bene, scrivo questo articolo proprio per te. Per poter capire cosa non va nel tuo rapporto, è necessario capire l’origine del tuo modello di relazione e, prima ancora, capire cosa sono gli schemi interpersonali e come funzionano.

Partiamo dalle origini del problema

Tutti noi ci muoviamo nel mondo grazie a schemi che ci siamo creati fin da bambini; essi filtrano qualsiasi informazione provenga dall’esterno, con lo scopo di decodificarla e prevedere come si svolgerà una determinata situazione o un determinato incontro. Questi schemi sono molto utili per guidarci nel mondo, senza di essi saremmo persi, ma allo stesso tempo possono essere anche molto ingannevoli, in quanto leggono la realtà in modo deviato, secondo inferenze (deduzioni) che non sempre sono veritiere. Cosa significa?
Significa che se sei abituata ad essere umiliata ogni volta che provi a dire la tua, inconsciamente ti aspetterai che ogni volta che apri bocca qualcuno ti insulti. E il brutto è che penserai che questo vada bene. Oppure, eviterai proprio di parlare per non ricevere umiliazioni, sentendoti però priva di idee o mai presa in considerazione. Questo, ovviamente, inciderà sulle tue relazioni, portandoti ad isolarti, per prevenire il solito dolore che gli altri provocano. Oppure, tenderai a farti andare bene prevaricazioni che confermano ciò che pensi di te, lasciandoti travolgere da relazioni disfunzionali. Anche se potrebbe sembrare illogico, queste dinamiche sono molto più frequenti di quanto si potrebbe pensare, perché il nostro cervello cerca primariamente coerenza al proprio schema, non al benessere, portandoci in relazioni sofferenti ma che soddisfano le sue aspettative, spesso a noi inconsapevoli. Se pensi di non essere degna, troverai un compagno che te lo confermerà o, nei casi più gravi, arriverai persino a mal interpretare le informazioni della realtà per trovare conferma del tuo schema.

Facciamo l’identikit di un narcisista

Molte mie pazienti che pensano di essere vittime di narcisisti sono in realtà delle personalità narcisistiche; infatti, anche se il narcisista ormai viene identificato come una persona negativa, maligna e fredda, è in realtà una persona che soffre molto e che non sempre ferisce deliberatamente. I suoi tratti, infatti, sono stati sviluppati come difese, atte a proteggere il proprio sé fragile e sofferente, seppur spesso mascherato sotto una scorza dura, che non permette di relazionarsi autenticamente con sé ed il mondo. Parlando di schemi interpersonali, quelli narcisistici sono spesso legati al blocco dell’autonomia (dipendono dal giudizio degli altri al punto che se non lo trovano si bloccano) e/o dell’attaccamento (come magistralmente scrive il mio collega Giancarlo “se volete davvero avere problemi con un narcisista aspettate che si senta vulnerabile. Lo schema che sorregge la sua vulnerabilità è tremendo. Sono in difficoltà, ho bisogno di aiuto. La sua previsione: se mostro il lato debole l’Altro mi attaccherà, mi criticherà, mi svaluterà. […] non significa che i narcisisti non abbiano bisogno di legami. Ne hanno, come tutti gli esseri umani, non c’è scampo da questo. Quindi si legano, ma negano che abbia importanza. Se ne tengono a misurata distanza. La nota dominante delle loro espressioni è la freddezza, la strategia che preferiscono è uscire dalla relazione”[1]).

[1] Giancarlo Dimaggio (2016), L’illusione del narcisista. La malattia nella grande vita, Baldinini&Castoldi, Milano

Quali sono le dinamiche che stanno dietro al comportamento narcisista?

Quello narcisistico è un nucleo che può portare con sé tratti caratteriali diversi, tra cui quelli della personalità dipendente di cui ho parlato nell’articolo “Dipendenza affettiva: vediamone insieme cause e soluzioni”. Entrambi, infatti, sono caratterizzati da un vuoto interiore pervasivo, che impedisce un autentico incontro relazionale, dato che le energie sono ampiamente impegnate a colmarlo in modo difensivo.
Sia la personalità con tratti narcisistici che quella con tratti dipendenti hanno una grandissima difficoltà, se non un’autentica impossibilità, nel trovarsi sole: hanno sempre bisogno di qualcun altro che le sorregga, che le riconosca, che le veda. Purtroppo, però, questa necessità non piace a nessuno e può sfociare nella tendenza opposta, ossia il disprezzo per il narcisista e la contro dipendenza per il dipendente. Il disprezzo, infatti, è un’ottima arma per tenere l’altro a distanza e garantirsi così la sicurezza di non esporre la propria vulnerabilità ed i propri difetti al giudizio altrui. Allo stesso modo, la contro dipendenza garantisce a chi la attua una parvenza di indipendenza e non bisogno, grazie alle difese di diniego e formazione reattiva[1]: si crea una sorta di pseudo indipendenza per nascondere il sottostante bisogno dipendente dell’altro. Sono le classiche persone che sembrano tutte di un pezzo, che paiono non avere mai bisogno di aiuto, di niente e di nessuno, che vanno per la propria strada senza paura… E che poi ci sorprendono soffrendo per una rottura o impazzendo dietro ad un telefono che non squilla, aspettando il messaggio o la chiamata di quel tizio con cui stava uscendo e che diceva non importarle niente.

[1] Diniego e formazione reattiva sono due meccanismi di difesa: il diniego consiste nel non vedere aspetti della realtà e di sé esistenti (in questo caso moti di dipendenza); con la formazione reattiva, invece, si allontanano aspetti di sé che non piacciono mettendo in atto azioni contrarie (banalmente: sento il bisogno di qualcun altro e allora lo allontano, convincendomi di non aver bisogno di nessuno)

Cosa porta il narcisista a sviluppare queste dinamiche?

Come per quasi tutte le dinamiche relazionali, le cause sono da ritrovarsi nelle relazioni primarie. Questo perché, come descrivo più approfonditamente nell’articolo “Come dimenticare una persona”, da adulti reagiamo allo stesso modo di quando eravamo bambini: si attivano in noi dei pattern emotivi incontrollabili e, almeno inizialmente, incomprensibili. Rispondiamo tutti in modo diverso e chi ha avuto un attaccamento problematico che ha generato schemi interpersonali disfunzionali, molto probabilmente sperimenterà difficoltà nelle relazioni.

Cosa fare allora? Conoscersi è sempre la chiave. Ragiona su di te anziché su chi hai davanti, prendi in mano ciò su cui hai un potere: la tua vita. Quasi sempre invece, tiro ad indovinare, tendi a porre l’accento sugli altri, cercando di modificarli, di capirli, di andargli incontro, allontanandoti sempre più da te e da ciò che davvero potrebbe farti stare bene: la comprensione di te, dei tuoi schemi e, solo dopo, di quello che sta accadendo nella relazione. La psicoterapia aiuta tantissimo in questo senso, focalizzandosi su quanto si rivela necessario da caso a caso: psicoeducazione in merito ai modelli relazionali, acquisizione di competenze emotive, sviluppo di un senso di sé più autonomo (ne parlo qui “Dipendenza affettiva: vediamone insieme cause e soluzioni”). Quello che non manca mai è un’accettazione incondizionata ed un ascolto attivo.

8 domande da porsi per cominciare a conoscersi

Se sei arrivata a leggere fin qui, probabilmente sei in una relazione insoddisfacente. Vediamo se puoi lavorare su di te, anziché concentrarti sul tuo partner. Prova a rispondere sinceramente a queste domande:

  • Dentro e fuori la relazione mi comporto allo stesso modo?
  • Sono cambiata da quando sto con questa persona?
  • Con che aspettative mi approccio alla gente che mi interessa?
  • Che cosa cerco in chi mi sta accanto?
  • Ci sono somiglianze nelle mie relazioni?
  • Ho imparato qualcosa dalle relazioni precedenti?
  • Se non ne ho mai avute: come mai?
  • Qualcosa mi spaventa?

Se alcune risposte, o anche solo una, ti fanno venire il dubbio di poter avere qualcosa che non capisci, qualcosa che vorresti migliorare, la psicoterapia fa sicuramente per te. Ricorda che non è facile sbrigarsela da sola in molte situazioni, soprattutto in quelle relazionali. Così come non è facile rispondere con vera sincerità a queste domande: siamo molto abili a mascherare ciò che davvero pensiamo, razionalizzando o negando le nostre fragilità e ciò che ci fa soffrire. Comprendere il proprio ruolo nelle relazioni è il passo fondamentale per poterle migliorare: l’unico intervento possibile, infatti, è su te stessa, attraverso un percorso di psicoterapia mirato al comprendere le tue dinamiche, i tuoi bisogni, la tua emotività e il tuo valore. Solo costruendo queste basi, sarà possibile strutturare una relazione sentimentale appagante.

Se vorrai intraprendere questo percorso con me, ti lascio i miei contatti qui.