Sindrome della capanna: cos’è e come affrontarla

Sindrome della capanna: cos’è e come affrontarla

Da un po’ di tempo si sente parlare di una certa “Sindrome della capanna” non inserita in alcun sistema nosografico, psicologico, psichiatrico, o medico di altro tipo. Come mai, allora, è così in voga anche tra noi addetti ai lavori? Così in voga che è diventata una nuova prospettiva di ricerca specialistica. Perché è attualissima. In questo articolo cercherò di fare chiarezza sulla sua origine ed il suo decorso, dando anche alcuni consigli su come affrontarla.

Sindrome della capanna: le sue origini.

Il nome deriva dalle capanne dove vivevano i cercatori d’oro, i quali, agli inizi del Novecento negli Stati Uniti, erano costretti a passare mesi interi all’interno di una di esse, sperimentando sentimenti di paura ed ansia al ritorno in civiltà.

Non è quindi un fenomeno nuovo, anzi, è molto diffuso e conosciuto, soprattutto in quei paesi dove le rigide condizioni climatiche costringono le persone a restare a casa, isolate, per lunghi periodi; quando le temperature diventano miti, le stesse persone pare facciano fatica ad uscire e abbandonare quello che è diventato un rifugio oltre che una semplice casa.

La sindrome della capanna ad oggi.

Viene molto facile associare tale evenienza ad oggi, periodo nel quale ci troviamo a fronteggiare le conseguenze nefaste del Covid-19 e delle misure restrittive conseguenti ad esso. Tali misure, introdotte per proteggere noi cittadini ed arginare il contagio del virus, hanno ridotto al minimo necessariole uscitedalla propria casa, se non eliminate del tutto in alcuni casi, favorendo, così, un cambio nelle abitudini dei cittadini in qualsiasi ambito, dal lavoro, alla socialità, alle pratiche d’igiene.

Ma cosa ha a che fare tutto questo con la Sindrome della Capanna? Tanto.

È infatti una condizione che può riguardare svariate situazioni (es. un lungo ricovero, i lavori alienanti sulle petroliere, le già menzionate condizioni climatiche avverse) ed è evidente che la situazione attuale offra terreno fertile.

“Ho paura di uscire di casa, ma ho anche tanta voglia di uscire di casa”.

Ecco la frase tipica di questo periodo post lockdown. Ed ecco come si può manifestare verbalmente la Sindrome della Capanna. Infatti, con questo termine indichiamo una condizione di malessere psicologico che può manifestarsi quando una persona, in seguito a un periodo di lungo isolamento e distacco dalla propria quotidianità, si appresta a tornare verso le solite modalità di vita ed interazione con l’esterno.

Come precedentemente accennato, non esistono, ad oggi, riferimenti clinici o studi scientifici tali da caratterizzarla come una vera e propria patologia. A seguito dei due mesi di confinamento domestico del primo lockdown, terminato nel maggio 2020, molte persone hanno iniziato a sviluppare difficoltà a riprendere in mano la propria vita: il fenomeno è stato così diffuso che i media ne hanno parlato tantissimo e noi addetti ai lavori ci siamo visti riempire gli studi.

Come si presenta la sindrome della capanna?

Questo disagio si manifesta con sintomi quali:

  • ansia
  • irritabilità
  • angoscia
  • tristezza
  • mancanza di energie
  • demotivazione
  • disturbi del sonno.

Come mai?

La paura alla base è quella del mondo esterno, ci si spaventa di non essere più in grado di fronteggiarlo, di non riconoscerlo, di non sapersi riadattare ai cambiamenti. Ci si sente, pertanto, inadeguati, perché si ignora la propria modalità di reazione, così come i propri stati d’animo.

Come il Covid-19 ha influenzatole nostre vite.

I mesi di quarantena hanno sicuramente favorito l’aumento della percezione di sicurezza e tranquillità associati alla propria abitazione, disinfettata e controllata, diventando così un vero e proprio “rifugio” dal virus e dal mondo esterno. Uscire da questa zona di confort e di sicurezza, per adattarsi ad una “nuova normalità” una volta che le misure sono diventate più blande, è stato difficile per molti.

Le nuove norme di sicurezza anti-contagio non sono bastate per adattarsi ad una nuova routine, e alcuni soggetti si sono ritrovati a fronteggiare disorientamento, ansia, paura, sintomi propri della Sindrome della capanna. Possiamo pensare che parte di questa condizione sia dovuta alla paura di non riuscire a convivere con o non volere affrontare il Covid-19.

Le persone che rischiano maggiormente di sviluppare questa sindrome sono quelle che hanno sofferto o soffrono tuttora di ansia, fobia o altri problemi della sfera emotiva. Tuttavia, chiunque può trovarsi ad affrontare tali sintomatologie, chi non ha fatto fatica ad adattarsi alle misure restrittive e chi ha vissuto con fatica ed insofferenza il periodo di lockdown.

Sindrome della capanna e Cabin Fever.

Non dobbiamo confondere la Sindrome della Capanna con la Cabin Fever (o Sindrome del Prigioniero) che descrive una difficoltà di adattamento a una situazione di chiusura ed isolamento che, quindi, possiamo ricondurre maggiormente alla situazione di primo lockdown.

Entrambe le sindromi sono accomunate dalla sintomatologia aspecifica di frustrazione, ansia, angoscia, malessere generalizzato. Tuttavia la prima si configura come un disagioal dover abbandonare le mura domestiche, mentre nella seconda il soggetto vive una condizione di confinamento e desidera riprendere il contatto con l’esterno.

Quando dobbiamo preoccuparci?

Se le difficoltà ed i sintomi persistono per più di tre settimane, è bene contattare uno specialista per evitare che sfocino in patologie più gravi, quali:

Chiedere un supporto psicologico in questo periodo post lockdown è il passo da compiere per evitare che il disagio si cronicizzi.

Supporto psicologico post lock-down: come gestirlo e con chi.

Esistono delle strategie per affrontare al meglio questo periodo di riassestamento che valgono per tutti, anche per chi non dovesse aver sviluppato una vera e propria sindrome della capanna, ma solo qualche fastidio o disorientamento.

  • Condividere il proprio stato d’animo per ridurre la tensione e non sentirsi isolati;
  • Allenarsi in modo graduale ma quotidiano al cambiamento: bastano piccole ma costanti modifiche alla propria routine per migliorare la capacità di adattamento;
  • Focalizzarsi sul presente e sulle piccole cose;
  • Evitare aggiornamenti continui sulla situazione pandemica;
  • Accettare le emozioni: è normale che non siamo al 100% in questo momento storico e che abbiamo bisogno di tempo per riadattarci;
  • Vedere il lato positivo della circostanza: per alcuni è stato un buon momento di riflessione sulla propria vita, altri hanno rivalutato le proprie priorità ed i rapporti…;
  • Occuparsi anziché preoccuparsi: qualsiasi attività piacevole per evitare rimugini, come cucinare, fare sport, giardinaggio, lavori domestici, passeggiate col cane…

Quindi si può tornare a uscire se si soffre di sindrome della capanna?

La risposta più ottimistica è “sì, è possibile tornare ad uscire” se il problema viene affrontato con le giuste tempistiche e se riconducibile ad una serie di cause lievi, che possono essersi sommate durante il periodo di lockdown.

È importante sottolineare che ogni caso va analizzato con cura e attenzione, valutando lo stato della persona, il contesto familiare e sociale in cui vive, la presenza di altre patologie che, in aggiunta alla sindrome della capanna, possono aggravare il quadro psicologico.

Vale quindi la pena consultare uno specialista per comprendere al meglio i passi da compiere per risolvere o arginare tali problemi.